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domenica, Maggio 19, 2024

Come arriva l’Italia alla Cop28 sul clima e con quali obiettivi

Dal 29 novembre la delegazione italiana sarà a Dubai per la Conferenza annuale sui cambiamenti climatici. Con una figura, quella dell’inviato speciale per il clima, che attende ancora di essere definita. E un governo che punta a fare dell’appuntamento degli Emirati Arabi Uniti un trampolino per i propri obiettivi

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista freelance. Ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane - I Quaderni de L’Ora, radio100passi, Palermo Repubblica, MeridioNews - e nazionali. Nel 2014 ha pubblicato il libro inchiesta “Fate il loro gioco, la Sicilia dell’azzardo” e nel 2018 l'ibrido narrativo “La città a sei zampe”, che racconta la chiusura della raffineria di Gela da parte dell’Eni. Si occupa prevalentemente di ambiente e temi sociali.

Mai come con la Cop28 di Dubai, in partenza dal 30 novembre, appare evidente che i tempi lunghi delle diplomazie e della cooperazione internazionale mal si conciliano con le esigenze a breve termine dei governi. All’annuale Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, infatti, i negoziati e i tavoli di discussione tra gli Stati, preparati da tempo dalle delegazioni tecniche dei ministeri, devono poi fare i conti con le contingenze e i conflitti. È stato così per la Cop27 di Sharm el-Sheikh, col segretario dell’Onu Antonio Guterres che dovette ammettere che “la guerra in Ucraina sta mettendo l’azione climatica nel dimenticatoio”. E sarà così per la Cop28 degli Emirati Arabi Uniti, segnata inevitabilmente dal conflitto a Gaza tra Hamas e Israele.

Tra l’attenzione alla finanza climatica e le scarse speranze sull’eliminazione graduale del carbone (figurarsi dagli altri combustibili fossili come petrolio e gas), c’è da giurarci che una delle parole chiave sarà quella della sicurezza. Una parola alla quale l’Italia ha dedicato la seconda parte della dicitura del ministero dell’Ambiente, declinandolo in chiave, appunto, di sicurezza energetica. Per restare al nostro Paese viene da chiedersi: come arriva l’Italia a questo fondamentale appuntamento? E quali sono le sue prospettive?

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Come arriva l’Italia alla Cop28

Una dimostrazione di potenza e un tentativo di posizionamento: così si può sintetizzare il ruolo dell’Italia alla Cop28. La delegazione italiana arriverà all’Expo City di Dubai alla spicciolata a partire da mercoledì 29 novembre e farà riferimento al padiglione italiano. A differenza degli anni passati, però, scrive il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, “la presidenza Cop28 ha previsto una organizzazione logistica dei padiglioni che non prevede un assetto fieristico pensato per il transito, anche casuale, di grandi flussi di persone”. Anche se non c’è un numero preciso delle presenze – secondo la rivista New Scientist per la Cop28 di Dubai in totale dovrebbero essere addirittura più di 70mila – le stime dicono che per l’Italia dovrebbero esserci poco più di un centinaio di persone tra ministre e ministri, funzionarie e funzionari del governo, esponenti di ong, scienziate e scienziati, giornaliste e giornalisti e, ovviamente, lobbiste e lobbisti di ogni ordine e grado (alla Cop27 tali presenze hanno raggiunto l’incredibile numero di 636, un centinaio in più rispetto alla precedente edizione).

Nello specifico il governo italiano arriva con una presenza notevole e variegata. A partire dalla premier Giorgia Meloni, che sarà presente per i primi due-tre giorni e che già il 10 ottobre aveva incontrato il presidente della Cop28 Sultan Al Jaber: un chiaro segnale di interessamento alla crisi climatica, declinata però in chiave nazionale e nazionalistica. Ne è prova ad esempio il comunicato rilasciato dopo l’incontro del 10 ottobre in cui la presidente del Consiglio ha dichiarato di apprezzare il lavoro di Al Jaber “per i suoi sforzi per un processo che ha come obiettivo quello di concordare una chiara tabella di marcia per accelerare i progressi attraverso una pragmatica transizione energetica globale”. Come a dire che l’Italia non intende intestarsi l’ambiziosa battaglia per un’eliminazione graduale dalle fossili alla Cop28, una posizione votata dal Parlamento europeo pochi giorni fa.

fonte: Palazzo Chigi

All’appuntamento di Dubai l’Italia arriva poi con un grosso punto interrogativo sulle ambizioni e sulla presenza di Francesco Corvaro, nominato “inviato speciale per il clima” lo scorso agosto dopo le dimissioni a gennaio da parte del predecessore, Alessandro Modiano, diplomatico di lungo corso che però alla Cop26 era stato “panchinato” dall’ex ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani e alla Cop27 era rimasto fino all’ultimo ma senza alcun potere. Nelle numerose interviste rilasciate in questi mesi Corvaro ha ammesso che “il mio ruolo è tutto da costruire”, al contrario ad esempio del suo omologo statunitense John Kerry che negli Usa ha un potere uguale, se non simile, a quello di un ministro. Le priorità italiane elencate dall’inviato speciale per il clima vanno dalla finanza per il clima al tema dell’adattamento fino ad arrivare alla centralità da dare alle giovani generazioni. Un po’ poco, a voler usare un eufemismo. Pare tuttavia che il ruolo di Corvaro da “battitore libero” non sia ben visto nel governo.

Forse anche per questo motivo alla Cop28 il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) sarà presente coi nomi di punta: saranno presenti sia il ministro Gilberto Pichetto Fratin che entrambi i sottosegretari Vannia Gava e Claudio Barbaro. Con un’agenda ancora tutta da riempire. Tuttavia c’è da capire se, rispetto alla scorsa Cop in cui il ministro Pichetto Fratin non fece proprio una gran figura tra la non conoscenza dell’inglese e soprattutto l’assenza dai negoziati finali, l’Italia vorrà provare a incidere in maniera più importante in alcune partite o se, dato che sulla Cop28 non ci sono grandi aspettative, resterà all’interno della cornice europea. Per poi giocarsi le proprie mosse nel 2024. Quel che è certo è che, come affermato da Palazzo Chigi, “la sera del 1° dicembre l’Italia offrirà a Dubai un concerto dell’Orchestra del Teatro alla Scala, rinomata in tutto il mondo, per celebrare l’amicizia tra l’Italia e gli Emirati Arabi Uniti, sperando di portare ispirazione ai delegati della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici”. Basterà?

Leggi anche: Il report UNEP sull’adattamento ribadisce che il mondo è impreparato alla crisi climatica

Le prospettive dell’Italia dopo la Cop28

Se è vero che le Cop sono i luoghi in cui gli sforzi si concentrano più sui negoziati e meno sulla cooperazione ambientale, in cui gli accordi sono più importanti della diplomazia e in cui il politico prevale sul tecnico, a rovesciare questo assunto potrebbe essere la figura di Federica Fricano, la capodelegazione italiana alla Cop28: una figura, la sua, molto esperta e che già ha avuto tale compito in diverse Cop, facendo riferimento a maggioranze governative sempre diverse. A un recente webinar organizzato da ECCO, il think tank sul clima, Fricano ha parlato anche del cosiddetto “Global stocktake”, cioè il bilancio delle azioni adottate finora dagli Stati che hanno firmato l’accordo di Parigi alla Cop21, ricordando che tale strumento “deve orientare i prossimi impegni nazionali di decarbonizzazione”.

E in fondo per il governo Meloni il senso della conferenza degli Emirati Arabi Uniti, più che la Cop in sé, potrebbe essere davvero quello di porre le basi per un ruolo centrale nel 2024. All’Italia, infatti, spetta la prossima presidenza del G7, la n°50, con l’appuntamento centrale che si svolgerà dal 13 al 15 giugno in Puglia, nella valle d’Itria, presso Borgo Egnazia. Nella sua rubrica social “Appunti di Giorgia” la premier ha più volte spiegato che tra i temi centrali che l’Italia vorrà sottoporre al vertice globale ci saranno anche clima ed energia e, soprattutto, il ruolo dell’Africa su questi fronti. Prima di questo appuntamento, d’altra parte, a fine gennaio si svolgerà il vertice Italia-Africa con il quale il governo intende ribadire la propria funzione strategica, in chiave geopolitica, nel cuore del Mediterrano.

Sempre nel 2024, poi, ci si aspetta che il governo dia una forma concreta al “Piano Mattei”: annunciato dalla stessa premier durante il discorso di insediamento alla Camera, all’inizio di questo mese il Piano ha cominciato a prendere forma attraverso un primo decreto legislativo che individua una “cabina di regia” e una “struttura di missione”. In ogni caso sia per la presidente del Consiglio che per il ministro degli Esteri Antonio Tajani il piano “dovrà essere scritto con l’Africa”. Un primo tassello di questa collaborazione, comunque, andrà messo a Dubai.

Ad esempio attraverso il Fondo per il clima, istituito con la Legge di Bilancio 2022 per dare seguito alla decisione votata alla Cop26 di Glasgow di mobilitare 100 miliardi di euro per affrontare le conseguenze del riscaldamento globale nei paesi in via di sviluppo. Dei 4,2 miliardi complessivi, ha detto la presidente del Consiglio, “il 70% del nostro Fondo Clima sarà dedicato all’Africa, circa 3 miliardi di euro, un investimento importante con cui vorremmo spingere a un nuovo approccio tutta l’Ue”. Per l’inviato speciale per il clima Francesco Corvaro “il governo vuole progetti reali, sui quali piantare la bandiera italiana, non sottoscrivere fondi di banche per lo sviluppo o istituzioni internazionali”. Insomma: la cooperazione può attendere. Non proprio un buon segnale.

Leggi anche: Alla Cop28 l’Ue vuole guidare l’azione per il clima. Ma l’addio alle fossili è lontano

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