I bambini accolti nella “Casa della Misericordia” erano terrorizzati. Per molti di loro, colpiti da disabilità di varia natura, il suono delle sirene era insopportabile e provocava crisi che i pochi operatori rimasti faticavano a contenere. «La situazione sempre più preoccupante e gli attacchi anche nella parte occidentale del Paese ci hanno spinto ad accelerare l’evacuazione dalla Casa - racconta la presidente Tetyana in uno dei pochi momenti nei quali è possibile comunicare con la Fondazione -. Nello scorso fine settimana le ultime persone tra donne e bambini sono riuscite a raggiungere l’Italia, accompagnate da due responsabili della struttura. I cento posti letto allestiti per gli sfollati da altre zone del Paese bombardate sono intanto già tutti occupati: stiamo accogliendo in coordinamento con il vescovo minori, donne sole, feriti, anziani, disabili… Parte del personale della Casa, a ranghi ridotti, è rimasto al lavoro per dare loro conforto e assistenza. Non sappiamo come faremo per gli approvvigionamenti e per la sicurezza di cose e persone, Dio ci aiuterà…». La guerra fuori dalla Casa significa continui sorvoli aerei, sirene, benzina esaurita, farmacie e negozi chiusi, carenza di medicinali e generi di prima necessità, acqua razionata, elettricità, rete internet e linee telefoniche a singhiozzo. Su tutto domina una generale situazione di incertezza e paura. «Oggi non ho tempo per piangere – ha scritto la presidente Tetyana in un messaggio alla Fondazione -. Piangerò dopo la guerra. Ora il mio unico pensiero e quello che mi fa andare avanti è che i nostri bambini siano al sicuro, così come speriamo per tutte le persone che stiamo accogliendo». In un Paese devastato dalla guerra, la tutela dei più fragili è l’unica strada possibile per mantenere viva la speranza nel domani. |