“L’Italia è orgogliosa di far parte del Partenariato per la transizione energetica giusta, un’iniziativa ambiziosa iniziativa del G7 che fornirà ingenti risorse finanziarie e assistenza tecnica ai e assistenza tecnica ai Paesi partner.” Alla Cop28 la premier Meloni annuncia che l’Italia “farà la sua parte” per ridurre le emissioni e per garantire supporto ai Paesi più vulnerabili al cambiamento climatico in pieno rispetto degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Un discorso vago e che ricalca grosso modo le dichiarazioni rituali che aprono ogni conferenza.
Nonostante i proclami di crescita verde e sviluppo sostenibile l’Italia rischia di arrivare a mani vuote in tema di decarbonizzazione, con una legge di bilancio svuotata del clima e con e con il decreto energia pubblicato il 27 novembre che prevede l’acquisto a prezzo vantaggioso di gas per circa mille aziende gasivore (siderurgia, della carta e del vetro), il rilascio di nuovi titoli per la coltivazione di idrocarburi e la costruzione di nuovi terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, come i terminali di Porto Empedocle e Gioia Tauro. Infrastrutture considerate di “pubblica utilità, indifferibili e urgenti”.
A questo si aggiunge la revisione del Pnrr e del RePowerEU in cui si fa riferimento a false soluzioni di decarbonizzazione come il biometano e al finanziamento della linea adriatica del gas. Una contraddizione evidente con gli impegni di decarbonizzazione del nostro Paese.
Meloni inoltre ha già incontrato il presidente della Cop28, il sultano Al Jaber, a cui ha espresso il suo apprezzamento per gli sforzi verso un “pragmatica transizione energetica globale”, dove per pragmatica si intende “mantenimento dello status quo” per l’industria fossile, di cui il sultano è massimo esponente.
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